L’ente provincia è di derivazione napoleonica. Esso aveva senso quando non c’erano le regioni. Cioè quando l’architettura amministrativa dello stato italiano era centralista e si basava sulla coppia stato-provincia (che con le Prefetture completa l’idea che della amministrazione pubblica avevano i francesi).
Tale ente doveva essere soppresso – in nome del decentramento – con l’avvento delle regioni (infatti, le competenze della provincia sono tutte doppioni di quelle regionali). Con l’avvio dell’ente regionale si cominciò a delineare una struttura amministrativa alternativa rispetto a quella napoleonica, (cominciava a farsi spazio l’idea del decentramento). Provincia e regioni sono pertanto enti alternativi: non possono coesistere, se l’obiettivo è l’efficienza dell’amministrazione pubblica.
Naturalmente, tutti hanno promesso di eliminarle, nessuno ci è riuscito. La Lega le considerava esempio di centralismo napoleonico quando le dirigevano gli altri, da quando c’è dentro lei ha cominciato a considerarle insostituibili pilastri del federalismo.
La provincia di Treviso
è governata dall’alleanza Lega-Pdl, che non ha avuto di meglio da fare che comprare e ristrutturare una sede che nel complesso è costata quasi 100 milioni di euro (più o meno il valore di una delle ville di Berlusconi).
Cioè questi amministratori (attenti alle esigenze del territorio?) si sono costruiti la reggia, con parco regale (settanta ettari di terra), piena di suppellettili di lusso (Il totale della spesa per l’acquisto di arredi e attrezzature per la nuova sede provinciale è stato di 4,5 milioni di euro[1]) e di personale dedito al suo mantenimento. Il tutto non certo per aumentare l’efficienza del servizio, ma solo per rendere più confortevoli le giornate del presidente e della sua giunta.
Naturalmente, questo lusso è pagato con i soldi pubblici, cioè con le tasse dei trevigiani.
Piuttosto di sperperare i soldi pubblici in questo modo, sarebbe stato meglio tenersi la sede vecchia e assegnare contributi a fondo perduto ai comuni che hanno bisogno di costruirsi le scuole nuove. Ad esempio, si potevano predisporre decine di contributi da un milione di euro da assegnare ai comuni con particolare necessita: Crespano del Grappa deve rifare sia la scuola elementare che la media da ormai qualche decennio.
Oltretutto, questo impegno finanziario è assolutamente sproporzionato per un ente come la provincia di Treviso, che per farvi fronte ha dovuto tagliare sui servizi che essa dovrebbe erogare, quindi di fatto andando non a migliorare, ma a peggiorare la sua efficienza. Così adesso, la provincia di Treviso è un ente paralizzato, appena in grado di mantenere Reggia sant’Artemio.
Programma: “la provincia dei municipi”
Oggi, la provincia ha senso solo come ente , non elettivo, di coordinamento tra comuni: quindi gestito dai sindaci.
Si può, fin da subito, fare molto per avvicinarci a questo modello:
– La giunta provinciale deve essere costituita solo da sindaci; ad esempio, uno per mandamento e scelto dai sindaci del mandamento, per rendere effettivo il loro coinvolgimento (e per risparmiare sugli emolumenti)
– Gli assessori devono gestire i loro referati in un’ottica di pianificazione provinciale e regionale, quindi, per quanto riguarda le scelte strategiche, in modo collegiale; e sui temi opportuni in accordo col le altre provincie. Il tutto deve essere gestito con la consapevolezza che le competenze della provincia – visto che sono doppioni di quelle regionali e/o comunali – dovrebbero essere, nel tempo, devolute alla regione o attribuite ai comuni. La “provincia dei municipi” deve funzionare solo come ente di coordinamento intercomunale e di raccordo tra regione e comuni.
– Una giunta provinciale composta da sindaci rappresentanti dei mandamenti potrebbe coordinare gli accorpamenti di funzioni dei comuni (in accordo con la Regione). I servizi associati rappresentano un beneficio netto per i cittadini. I comuni piccoli non possono gestire i servizi in modo efficiente perché la spesa del personale diventa troppo alta rispetto alle risorse a disposizione. Mantenere servizi di segreteria, urbanistica, lavori pubblici, e servizi sociali in comuni di 3,4000 abitanti è solo uno spreco di risorse. Allora si dovrebbe operare così: i sindaci del mandamento nominano un city manager e un ufficio di segreteria (un paio di persone), al quale danno mandato di organizzare i servizi principali a livello intercomunale (si può cominciare nominando un responsabile per ognuno dei servizi da associare (lavori pubblici, urbanistica, servizi sociali, ragioneria), che a sua volta deve organizzare il servizio su scala mandamentale. In questo modo, si ridurrebbe il personale necessario per gestire il servizio e si libererebbero risorse per migliorarlo.
– La provincia ha un bilancio di più di 100000000 di euro di parte corrente. La gestione di queste risorse deve avvenire in accordo con i comuni. Quindi gli assessori devono interfacciarsi tra loro e quindi, di fatto, anche con le conferenze dei sindaci.
– Si deve creare un coordinamento permanente tra giunta provinciale e conferenze dei sindaci
– il personale ( 650 persone che costano 25000000 di euro all’anno) deve essere ridotto progressivamente, man mano che raggiunge l’età di quiescenza. Deve rimanere solo quello strettamente necessario a svolgere le funzioni di coordinamento. Ciò libererebbe altre risorse da mettere a disposizione dei comuni.
Questi interventi non necessitano di riforma costituzionale: basta che chi vince le elezioni si impegni a operare in questo senso.
Inoltre, la provincia deve farsi carico di altri 4 servizi:
due in proprio:
– servizio idrico (bisogna arrivare ad avere un’unica azienda provinciale che gestisce il servizio)
– servizio rifiuti (azienda unica provinciale anche in questo caso)
bisogna combattere contro qualsiasi forma di privatizzazione: questi servizi devono essere forniti al costo minimo e senza che l’utente sia costretto a pagare il dividendo all’azionista. La presunta inefficienza del pubblico è solo una balla: con le risorse attualmente a disposizione dei comuni nessuna società privata sarebbe stata in grado di fare meglio, anzi.
uno in proprio (con l’idea di consorziare tutte le società della regione):
– distribuzione del gas: questo servizio è gestito da società a partecipazione pubblica (comuni) che usano i soldi delle bollette dei cittadini per pagare gli emolumenti faraonici ai consiglieri di amministrazione (centinaia di migliaia di euro) e i dividendi degli azionisti (milioni di euro). Per la provincia di Treviso, la società di riferimento è Ascopiave (85 dei 95 comuni sono soci della holding) che fattura 800 milioni di euro e ha un risultato operativo di 41 milioni (utile di 25 milioni – bilancio 2009). Questi soldi non dovrebbero arrivare agli azionisti e allo stato (tramite le imposte pagate sugli utili), ma agli utenti: o usandoli per erogare contributi ai meno abbienti, o riducendo il prezzo del gas fino a portare il bilancio in pareggio (a questo fine si può delistare la società). I comuni soci di asco holding non possono usare le bollette del gas per rimpinguare i propri bilanci, perché così fanno pagare una tassa occulta ai propri cittadini. Anche in questo caso, l’obiettivo dovrebbe essere quello di fornire il servizio al minimo del costo, non quello di aumentare (in modo occulto) la pressione fiscale dei propri cittadini.
e uno in coordinamento con le altre provincie e la regione:
– trasporti, con l’obiettivo di completare quanto prima l’sfmr[2] (Muraro ha di fatto lavorato contro il progetto sfmr per costituire la società unica di trasporti della provincia, a tal fine ha fatto perdere 4 milioni di euro alla CTM (investimenti che sarebbero arrivati dalla Actv), e poi ha alzato bandiera bianca. Quindi, niente società unica per Treviso e niente soldi per la CTM. In compenso, ha prorogato l’incarico del direttore (Da Rolt ha raggiunto l’età pensionabile ma, in vista della fusione delle aziende di trasporti trevigiane egli ha visto prorogata la sua dirigenza fino alla nomina della nuova società;… che non arriverà mai…) e gli ha permesso[3] di comprarsi la Q5 di circa 50000 euro; l’azienda è notoriamente e pesantemente in perdita e viene sovvenzionata dai contributi della Provincia
naturalmente, se vinceremo le elezioni, il primo provvedimento sarà quello di vendere il tavolo da 13000 euro e poi le altre lussuose suppellettili, nel frattempo metteremo in vendita anche la “reggia”.
Una volta venduta, prenderemo una sede in affitto, dal momento che, l’intento è quello di ridurre progressivamente il personale. A tempo debito, una volta messa a regime la nuova provincia, si potrà valutare l’acquisto della nuova sede (che comunque, dovrà avere le caratteristiche di un ufficio pubblico e non di una reggia borbonica).
Useremo il ricavato della vendita per assegnare contributi di edilizia scolastica ai comuni in difficoltà.
Il secondo provvedimento sarà quello di eliminare le consulenze esterne, delle quali fa sovrabbondante e discutibile uso l’attuale presidente [4] .
Questa è la provincia che vorremmo consegnare ai trevigiani fin da subito, sarà comunque la provincia che ci sarà quando il Veneto sarà indipendente.
[1] Emblematico il caso del tavolo con piano di vetro che costa 12.840 euro. Una “ sciccheria” per pochi visto il prezzo, apparsa nel bel mezzo della sala consiliare della Provincia di Treviso non appena l’ente presieduto da Leonardo Muraro si è trasferito nella nuova sede del parco Sant’Artemio. Si tratta infatti di un complemento d’arredo comprato per coprire lo spazio vuoto che separa il semicerchio dove è ospita la giunta dai banchi dei consiglieri provinciali. Circa quattro metri in cui è stato posizionato il pregiato mobile su cui, racconta chi bazzica per la sala, al massimo c’è stata appoggiata una pianta durante il Natale scorso.
[2] È diventato un caso da manuale. Perché il Veneto che era la “locomotiva” del Nordest, quanto a rotaie e trenini adesso scopre di andare ancora a vapore. Mentre un po’ più in giù, in Campania per la precisione, corrono come un Eurostar. Il paragone sarà azzardato, ma rende l’idea: l’Sfmr, cioè il Sistema ferroviario metropolitano regionale, avanza a Napoli, ma non a Venezia. “Colpa”, anche, dei finanziamenti statali: su un progetto complessivo di 9 miliardi di euro, compresa la metropolitana di Napoli che comunque incide per un 30 per cento, la Campania ha già speso 3 miliardi di euro in lavori e ne ha altri 2 e mezzo in cantiere. Solo di materiale rotabile, cioè di nuovi treni, 440 milioni. E ha messo in esercizio 54 chilometri di nuove linee ferroviarie, con altri 50 in costruzione. E ha realizzato 39 nuove stazioni ferroviarie con altre 30 in costruzione. E il Veneto? Per l’Sfmr il Veneto ha avuto dallo Stato 182 milioni di euro, già spesi, per la cosiddetta fase 1, contributo che è stato del 50% dell’ammontare richiesto. Per la fase 2 erano previsti 100 milioni, ma quei soldi sono stati dirottati all’Abruzzo post terremoto.
[3] Al di là delle frasi di rito, la Provincia e azionista di riferimento dell’azienda e quindi poteva impedire l’acquisto. Ecco cosa è successo: il consiglio d’amministrazione dell’azienda di trasporto La Marca ha deliberato l’acquisto di una bella Q5. Diventerà la ventunesima auto del parco macchine della società (della quale la Provincia è azionista di maggioranza): a usarla sarà il direttore Mario Da Rolt.
[4] Gazzettino treviso 28/10/10. Consulenze d’oro di Muraro
Tutti contro Muraro e la coorte delle sue consulenze. A far imbestialire le opposizioni è il milione di euro speso per lo sviluppo del Piano strategico. Al Sant’Artemio praticamente ogni azione fa parte di quel Piano, creato da Zaia, che ha sempre fatto discutere: per pianificare lo sviluppo della Marca, secondo i sostenitori, per gestire un sistema clientelare e gelatinoso, per i detrattori. «Il tavolo di programmazione con forze sociali e sindaci non si riunisce da tempo immemore – attacca Luca De Marco (SeL) – e fin dall’inizio il responsabile del Piano è stato Enzo Risso con la sua società Publica ReS: a lui, che è stato consulente per la campagna elettorale di Muraro nel 2006, è finita buona parte dei soldi (a quanto pare circa 400 mila euro, ndr)». Con tanto di sondaggi taroccati, denuncia SeL, fatti per il presidente ma pagati con soldi pubblici.
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Eccellente la diagnosi, buona la cura per i sintomi. Pessimo il capitolo dei “nuovi propositi”. Mentre in tutta Europa si spinge nella direzione della liberalizzazione, sono costretto a leggere con orrore che qui si propone una nuova centralizzazione dei servizi pubblici a livello provinciale. Faccio notare che una tale posizione politica è in senso stretto in contrasto con il Principio della Proprietà Privata enunciata nello Statuto di Veneto Stato.
Ciao JA,
la to oservasion la xe giusta. Anca se i xe monopoli naturali ghe xe paexi dove che funsiona puito e el stato no ga altro che el ruolo de controlo dopo ver conceso de fato on monopolio locale a l’axienda priva’. La conpetision la ga xe a rinovo contrato.
Pero’ gavemo da ciapar ato de la situasion atuale, che xe chela che descrive Guadagnini, e cioe’ al momento no vivemo rento sto tipo de stato, ma on stato dove bande de soceta’ priva’ asocia’ ai vari partiti.
De fondo son pero’ dacordo co la to critica, e naltri no gavemo paura de espor in publico i nostri programi parche’ i pol eser mejora’ grasie apunto a sto “crowdsourcing” che gavemo co i nostri letori e sinpatixanti.
Oddio…siamo tornati al “fidarsi” di un partito?! Ma non capite che la gente è stufa di “fidarsi”. Si è fidata già della DC, di Berlusconi, della Lega e in ogni caso è stato promesso loro “ma noi siamo diversi”! Perchè dovrebbe fidarsi di qualcun altro ancora? C’è bisogno di un sistema in cui non ci sia la necessità di “fidarsi”, ma che in caso di insoddisfazione rispetto al servizio ricevuto faccia mancare i fondi all’azienda erogante. Questo sistema è il sistema di libero mercato.
Affermare: “bisogna combattere contro qualsiasi forma di privatizzazione: questi servizi devono essere forniti al costo minimo e senza che l’utente sia costretto a pagare il dividendo all’azionista.” denota una mancanza di cultura economica basilare, ahimè molto diffusa in ambienti politici.
Il dividendo dell’azionista è il profitto che si ha a fronte dell’investimento. Il profitto è correlato al rischio imprenditoriale (il rischio di non riuscire a soddisfare le esigenze del cliente e quindi di rimetterci i soldi investiti). Non sparisce semplicemente affidandosi a una gestione statale, dove invece questo viene cammuffato dietro a tariffe più alte o ripianamenti di buchi nel bilancio mediante le tasse. L’unica differenza tra la gestione statale e quella privata è l’origine dei fondi per gli investimenti: nello statale sono tasse, estorte dai contribuenti che non hanno modo di ridurli o deviarli ad altri scopi in caso di insoddisfazione; nel privato sono degli azionisti che possono toglierli in ogni momento. Questo è il motivo principale perchè dove è possibile, è meglio affidarsi al mercato e non regalare rendite ai politici di turno.
chiamato in causa devo rispondere: caro JA “la mancanza di cultura economica di base” ce l’hai tu, perche hai fatto una filippica sulla potenza del mercato da bignami dell’economia; inoltre, dimostri di non sapere che Ascopiave (a quella io mi riferivo nell’articolo) è controllata da comuni (non dallo stato), che la gestivano prima e dopo la quotazione in borsa, con – sostanzialmente – lo stesso Cda (nominato dai partiti). la “privatizzazione” non ha cambiato il loro modo di operare. i 40 milioni di utlie ante-imposte, si potrebbero tranquillamente trasformare in una riduzione delle tariffe, senza rimetterci in efficienza. Aggiungo: se per il privato “Il profitto è correlato al rischio imprenditoriale (il rischio di non riuscire a soddisfare le esigenze del cliente e quindi di rimetterci i soldi investiti)”, non deve certo essere l’obiettivo di enti pubblici (appunto i comuni), i quali hanno l’obbligo morale di fornire servizi al minor costo, e non di fare utili; in quanto, l’utile in questo caso, è sostanzialmente una tassa occulta.
Intanto, ad essere pignoli, la tua (mi permetto anch’io il tu) frase che ho citato e su cui ho discusso non era chiaramente riferita ad Ascopiave, visto che è a conclusione delle riflessioni sul settore idrico e rifiuti. Di Ascopiave parli nel paragrafo succesivo. Controllare per credere.
Comunque sia la sostanza non cambia. Non voglio fare polemica, ma sentire le solite tesi stataliste anche qui, mi dà un po’ fastidio. Credo che ci sia un po’ di fraintendimento con i termini, chiariamoli:
mi sembrava chiaro dalla spiegazione che ho dato che quando parlo di “privato”, intendo un’iniziativa che si poggia esclusivamente su capitali privati; mentre quando parlo di “Stato” intendo un’impresa a capitale statale (quindi derivante da tasse estorte contro la volontà dei contribuenti), siano essi comuni, province, regioni, stati in senso stretto o comunità europea.
Va da sè che Ascopiave, finanziata in parte con i soldi delle nostre tasse non è un soggetto “privato”, ma una società che verrà pure inquadrata nel diritto privato essendo una Spa (come del resto anche la Banca d’Italia, ad esempio) ma che è in buona parte statale e come tale va trattata (perchè come tu stesso hai ribadito, nulla è cambiato rispetto a prima).
Detto questo la ricetta che proponi è: statalizzare. Perchè? Perchè secondo te gli utili sono soldi sottratti agli utenti. Se al posto di distribuire dividendi si abbassasse il prezzo, dici, gli utenti ne guadagnerebbero. Messa così il discorso sembrerebbe anche filare, se non fosse che quei dividendi l’azionista li prende in virtù del fatto che a suo tempo ha sborsato un capitale (evitando quindi che venissero usati soldi statali, sottratti mezzo tasse agli utenti) e come ogni investimento c’è il rischio di perderli come di guadagnarli.
Mi si potrà obiettare che in questo caso l’investimento è poco a rischio, perchè ci sono tariffe imposte e poca concorrenza? Ok, ma allora in questo caso la soluzione è aprire ulteriormente alla concorrenza di altri operatori privati, non di statalizzare.
E poi se sei convinto che il dividendo sia un regalo agli azionisti che guadagnano senza portare alcun beneficio alla collettività, perchè non sfrutti questo regalo per fare del bene? Vai in banca compra attraverso la Borsa di Milano tutte le azioni Ascopiave che desideri sul mercato e distribuisci gli utili a chi vuoi. E’ molto semplice. Perchè non lo fai? Perchè non lo fa qualsiasi cittadino o cliente di Ascopiave per avere indietro la sua “tassa occulta”? Perchè probabilmente si ritiene che gli utili ottenibili, non sono abbastanza elevati da giustificare l’investimento, cioè i cittadini preferiscono lasciare che il rischio lo gestisca qualcun altro, chi può avere dei parametri di confronto ben definiti per stabilire se Ascopiave possa produrre utili (che vuol dire “soddisfare” la sua clientela) e in caso contrario chiudergli “i rubinetti”.
Il profitto è ineliminabile da qualsiasi attività economica. Perchè nessuno può avere la certezza di come e quanto riuscirà a soddisfare la sua utenza e quanti mezzi dovrà impiegare. L’unica differenza è che nel mercato il profitto è in vista, mentre nelle aziende statali può essere occultato da tariffe più alte del prezzo di mercato (grazie a monopoli legali) o dalla copertura di bilanci in rosso mediante le tasse.
Non sono un economista e probabilmente ci sono persone più qualificate di me per spiegare questi argomenti, ma fino a qui, al bignamino, c’arrivo. E di fronte a chi afferma che: “con le risorse attualmente a disposizione dei comuni nessuna società privata sarebbe stata in grado di fare meglio, anzi” senza capire che è proprio per reperire le risorse economiche che è necessario il capitale privato; mi sento Ludwig von Mises.
Sono sostanzialmente d’accordo con JA (però mi dà fastidio riferirmi a un nick tanto anonimo).
Cosa replicare a uno che obiettasse, come ha fatto JA, in cosa sareste diversi? Perché fidarci di voi? La domanda mi era stata posta molte volte durante l’ultima campagna elettorale.
Occorre seriamente trovare una modalità che permetta di dare una garanzia ai cittadini in questo senso, ed una risposta semplice sarebbe quella di agire sul portafogli: non ti devi fidare di me, ti devi fidare del fatto ti darò la facoltà di decidere.
Senza viaggiare troppo di fantasia però. Ci sono servizi che sono difficili da gestire in forma privata, tra questi la distribuzione dell’aqua, e occorre lavorare un po’ di fantasia per trovare una formula nuova che funzioni meglio di quelle fino ad ora sperimentate.
Restando all’esempio dell’acqua, osserviamo un paio di cose e poi propongo una idea, anche se grezza.
Primo le tubazioni sono state posate con i quattrini dei cittadini, su spazio che è della comunità, e pertanto i cittadini a mio avviso sono soci di queste tubazioni. Secondo le sorgenti d’acqua non possono essere di nessuno poiché si tratta di una risorsa naturale, e nessun essere umano può possedere una risorsa naturale, ma solo il frutto della sua estrazione.
Difatti l’acqua và estratta, pompata, controllata e se occorre depurata, le tubazioni e gli impianti manutenuti. Tutto questo può essere gestito da diverse società private ma invece di affidare il tutto a scegliere quale bolletta pagare, si stabilisce un consiglio di amministrazione dei soci (i cittadini) che stabiliscono di anno in anno le quote da assegnare alle società di gestione: se lavori bene voteranno per farti lavorare su una tratta maggiore, se lavori male e sei caro ti ridurranno le tratte o anche ti cacceranno.
Gli introiti avvengono mediante la vecchia bolletta a consumo che và pagata alla “risorse idriche S.C.A.” (società cittadini azionisti) che per amministrare la mera contabilità avrà un paio di impiegate, un (grosso) computer, e un responsabile.
Questa è una formula che può essere adattata a tutte le attività che non sono frazionabili e gestibili in modo efficiente da società private con propria infrastruttura, come strade, linee elettriche, di dati, tubazioni, ecc. mantenendo in questo modo l’efficienza di scala della infrastruttura, e l’efficienza nella gestione/manutenzione spinta dall’interesse al profitto possibile solo con la massima soddisfazione del cliente (salvo imbrogli) del libero mercato, e non a sistemi di privatizzazione delle infrastrutture che oggettivamente hanno generalmente mostrato più crepe che vantaggi.
Per via delle infrastrutture frazionabili come il trasporto urbano su gomma, ma anche i treni (ma non rotaie e stazioni), invece, non c’è storia: tutto deve essere devoluto e liberalizzato.
Fare cose del genere non serve certo una modifica costituzionale, d’altra parte potrebbe essere facile scontrarsi contro leggi fatte a Roma apposta per favorire i soliti amici, quindi ogni caso deve essere studiato per bene; d’altra parte sarebbe un inizio.
Prima di concludere l’intervento, non voglio che Guadagnini che spero ci legga si senta scoraggiato da tali critiche, che sono da sempre lo spirito e il sale di questo movimento. Deve farci l’abitudine, qui virtualmente non siamo in Italia, e qui non le risparmiamo a nessuno.
AUTOCRITICA:
“Senza viaggiare troppo di fantasia però. … e occorre lavorare un po’ di fantasia ”
Domando scusa per questa apparente contraddizione. Ovviamente intendo dire da una parte che occorre pur rapportarsi alla situazione corrente, dall’altra che però serve impegnarsi a trovare una nuova soluzione perché quelle in essere non mi sembrano funzionare molto bene.
Uso il nickname che compare in automatico sulle piattaforme WordPress come questa, non per questioni di anonimato (il mio nome e cognome li trovate al link pubblicato, ad esempio, su questa pagina), ma perchè non so come Google indicizzerà il mio nome e cognome nelle sue ricerche.
Condivido buona parte di ciò che dice Claudio circa le privatizzazione dei servizi, e più o meno dicevo le stesse cose qui.
Riguardo i feedback che può avere l’elettore: sono tanto forti quanto più sono chiari gli obiettivi e la strategia per perseguirli. Questo è sicuramente un gran punto di forza di Veneto Stato. Obiettivo=indipendenza, strategia=referendum. Inequivocabile.
Se invece un elettore esprime il suo voto per un candidato che si propone come “difensore degli interessi del Nord (o del Veneto)” o paladino di virtù individuali come “l’onestà”, la “competenza” o l'”intraprendenza”, è estremamente arduo dimostrare se poi abbia raggiunto gli obiettivi o se si sia realmente impegnato per raggiungerli.
Al di là della mia critica che riguarda delle specifiche proposte che per i motivi suddetti trovo peggiori del male e basate su luoghi comuni economici, non vorrei si dimenticasse che lo stesso post l’ho definito “eccellente” e “buono” per altri aspetti.
Sono consapevole del fatto che se Veneto Stato si propone d’essere il partito unitario dell’indipendentismo veneto, è inevitabile che annoveri tra i suoi candidati l’intero spettro delle posizioni politiche possibili: dal libertarismo al socialismo.
caro professor Von Mises,
l’idea che l’iniziativa privata sia di per se stessa migliore di quella pubblica è un pò banalotta, prova a chiedere a qualche azionista della parmalat…. mentre non mi pare che, ad esempio, saipem, abbia fatto malissimo. per quanto riguarda i servizi in oggetto, non ci sono evidenze che la gestione privata sia meglio di quella pubblica, a cominciare dal servizio idrico. ribadisco che i comuni del veneto lo hanno gestito bene, e nessun imprenditore privato – facendo pagare le stesse tariffe dei comuni – avrebbe potuto fare meglio. la privatizzazione, se verrà, porterà rincari notevolissimi.
poi, sono d’accordo con te, che l’investimento privato deve essere remunerato, ma qui ci riferiamo a servizi per i quali il capile è totalmente pubblico. i beneficiari devono essere i cittadini che pagano le bollette e non gli azionisti, perchè in questo caso, gli azionisti sono proprio i cittadini di quei comuni.. senza polemica
antonio
Si continua a non capire o a non voler capire:
“non ci sono evidenze che la gestione privata sia meglio di quella pubblica”
Non ho mai sostenuto che la gestione privata sia meglio di quella pubblica (meglio dire “statale”) perchè gli amministratori con il cartellino “privato” siano migliori di quelli col cartellino “statale”. Il punto è che in caso di inefficienze di gestione (che ribadisco, possono accadere in entrambe le situazioni) il mercato chiude il rubinetto, lo stato si rifà sui contribuenti inermi.
Il crollo in borsa del titolo Parmalat che tu citi è proprio la dimostrazione di questo feedback: il capitale investito con troppa leggerezza da privati su iniziative economiche instabili è stato perso (con complicità di banche, partiti, etc. ma questo è un altro discorso). Fosse stata statale Parmalat, probabilmente avrebbe fatto la fine di Alitalia e si sarebbero coperti i “rossi” con opportuni finanziamenti provenienti dalle tasche di tutti, la staremmo ancora pagando e Dio solo sa per quanti anni.
nessun imprenditore privato – facendo pagare le stesse tariffe dei comuni – avrebbe potuto fare meglio
Affermazione potenzialmente vera o falsa, ma priva di alcun fondamento. In questo caso sì, stai affermando che l’imprenditore statale solo per il fatto di avere il cartellino “statale” è un migliore amministratore.
“qui ci riferiamo a servizi per i quali il capile è totalmente pubblico.”
Non è vero. Nella fattispecie il capitale di Ascopiave è per 38,43% in mano al mercato. (cfr. http://www.ir.ascopiave.it/home/show.php?menu=00003&submenu=00003.00002 )
Avevo risposto anche a Claudio, ma il commento risulta tutt’ora “waiting moderation”.
caro Ja, effettivamente, non ci capiamo. quando parlavo di capitale totalmente pubblico mi riferivo al servizio idrico, mi sembrava limpido: che Ascopiave sia quotata te l’ho detto io per primo, e se è quotata deve avere un pò di flottante, pensavo tu lo sapessi. per quanto riguarda la gestione privata del ciclo dell’acqua, ovunque, dov’è privata, ha tariffe almeno tre volte superiori a quelle pubbliche: fino a qualche anno fa, i comuni erano in grado di fornire un ottimo servizio, contando sulle proprie entrate correnti, poi i continui tagli hanno portato a questa situazione. in questo caso, credimi, “privatizzare” significa solo far pagare al cittadino il servizio due volte, una con le tasse, l’altra con le tariffe. poi per quanto riguarda la concorrenza in questo settore, chiamala concorrenza…. privatizzare significa consegnare il servizio in mano a un dei tre quattro grandi gruppi (stranieri) che si spartiscono il mercato, alla faccia della concorrenza…
per quanto riguarda, le capacità di controllo del “Mercato”, continuamo a citare parmalat, che veniva venduta come titolo sicuro, fino a qualche giorno prima del fallimento. e se sei un sostenitore della trasparenza del “Mercato”, per cui nonno Pino poteva informarsi prima di comprare… presentami Alice che deve essere simpaticissima… in quel caso sono stati fregati cittadini per bene che si fidavano delle raccomandazioni degli attori del “Mercato”. “Fosse stata statale Parmalat, probabilmente avrebbe fatto la fine di Alitalia e si sarebbero coperti i “rossi” con opportuni finanziamenti provenienti dalle tasche di tutti, la staremmo ancora pagando e Dio solo sa per quanti anni”. questo avveniva con l’iri, non con le società di capitali a controllo pubblico, che devono funzionare come quelle a controllo privato.
detto questo, voglio sottolineare che piace anche a me la scuola di Vienna, sto difendendo l’azione pubblica, solo di questi specifici servizi, dove, sono sicuro, al di là delle controprove che tu chiedi, che i privati non gestirebbero con l’obiettivo del miglior servizio per il cittadino. del resto, non è migliorato il servizio di Ascopiave con la privatizzazione, non fanno i salti di gioia i cittadini di quei comuni dove il servizio idrico è stato privatizzato, prova a interpellarne qualcuno….
senza polemica
Antonio
scusate se esagero, ma vorrei dire una parola anche a Claudio.
mi sembra che tu sia d’accordo con me, sul problema della privatizzazione del servizio idrico. per i rifiuti, per me valgono le stesse argomentazioni. sul gas, ripeto, ascopiave “privata”? per quanto riguarda l’smfr, c’è da fare un mare di investimenti (non so se hai letto la nota: Napoli 5 miliardi e mezzo; Veneto 180 milioni), che avanziamo dal pubblico. ce li devono dare. poi, quello dei trasporti pubblici locali, non mi pare sia un settore molto redditizio.
Propendo per un’impostazione più favorevole al mercato puro, con tutti i rischi (ma anche i vantaggi) che ne conseguono, però trovo molto interessante questo “dibattito”. Dimostra, al di là delle differenti posizioni, una grande vitalità intellettuale. Considerato che la politica italiana nasconde la testa nella sabbia quando si parla di cose serie e preferisce discutere di escort e soffiate, direi che in Veneto (Stato) si respira decisamente tutt’altra aria.
A margine di queste considerazioni, penso che le problematiche della gestione pubblica delle utilities evidenziate da JA non siano del tutto scollegate dalla normativa imposta dallo stato italiano, che agisce con meccanismi burocratici e normativi tali da rendere molto meno efficiente e trasparente ciò che potrebbe esserlo in misura maggiore.
Se ad esempio l’autonomia fiscale e la responsabilità che ne deriva fossero concrete, il cittadino potrebbe comunque verificare subito la corretta gestione dell’ente pubblico e delle sue eventuali aziende.
In altri termini, possiamo sommare le due visioni (pro-market e pro-state), “privatizzando” i Comuni in termini di responsabilità fiscale e finanziaria, che poi è ciò che succede negli States, se non sbaglio. Se sei bravo stai in piedi, altrimenti fallisci.
@antonio: mi sembra che si continuino ad aprire nuovi fronti di discussione che non favoriscono la chiarezza del discorso e soprattutto non rispondono alla obiezione che ho sollevato, in contestazione alla tua affermazione: bisogna combattere contro qualsiasi forma di privatizzazione. Io ho argomentato esponendo i vantaggi della privatizzazione e cui aggiungo, se non bastasse, il seguente: azionisti privati nominano gli amministratori che credono possano realizzare i più alti utili possibili (e quindi fornire il servizio migliore, visto che il profitto, che ci piaccia oppure no, è l’unico termometro esistente della soddisfazione dei clienti), mentre azionisti statali, ergo politici, potrebbero avere interesse a nominare amministratori con altri criteri (ad esempio quelli che massimizzano i voti ai partiti a loro vicini, magari con sostegni concreti in campagna elettorale). Per contro ancora non riesco a scorgere quale sia l’argomentazione CONTRO la privatizzazione. Ho troppo rispetto per la tua intelligenza per credere che tu possa sostenere la visione marxista secondo cui il profitto è puro “sfruttamento” dei capitalisti verso i lavoratori (o consumatori) e che quindi la sua eliminazione porta una riduzione di costi. Quindi cosa rimane di tutti i tuoi discorsi? Il “lo sanno tutti che la gestione privata aumenta i costi”? Cosa sa la gente delle privatizzazioni? Cosa chiamiamo “privatizzazioni”? Ho già detto che nella distinzione su riportata Ascopiave NON può essere considerata un’azienda privata, poichè il capitale è in gran parte pubblico e con essa le nomine dei CDA. La privatizzazione di Ascopiave è incompiuta. Posso essere d’accordo che “così non va bene”, ma la soluzione non statalizzare, ma privatizzare interamente. Pur restando il fatto che le opinioni sono come le palle – ognuno ha le sue – visto che tale opinione è stata espressa su un programma politico, mi piacerebbe inoltre sapere se quella espressa è un’opinione strettamente personale del candidato oppure una posizione del partito. In quest’ultimo caso non vedo cosa c’entri con la mission principale del partito stesso (=indipendenza) e sottolineo ancora che, a fare i pignoli, qualsiasi statalizzazione, essendo una tassa occulta, è una violazione del principio della proprietà privata enunciata nello statuto del partito stesso. A fare i pignoli.
Su Parmalat: l’hai citata come esempio di società privata malsana. Ma poi hai ammesso anche tu che il problema non era di Parmalat (che ha dilapidato il capitale com’è giusto) ma di chi ha spinto Nonno Pino a fornire capitali a Parmalat. Quindi Nonno Pino devo prendersela con le banche che gli hanno proposto titoli marci non con Parmalat. Quanto sono “Mercato” le banche? Molto poco visto la legislazione statale che praticamente ne impedisce il fallimento e i loro legami col mondo politico. Ma qui ci si addentra in altri discorsi.
Sul servizio idrico: 1) società private (ancora una volta: intendo, a capitale interamente privato) che gestiscono il servizio idrico in Italia non ce ne sono. Carrozzoni statali con scompartimenti regalati ad amici privati, sì.
2) l’attuale tariffa idrica praticata dai consorzi statali è spesso TROPPO BASSA e non permette investimenti seri sulla rete. I prezzi DEVONO essere alzati.
3) le tariffe statali sono troppo uniformi e non rispecchiano le difformità della domanda e dell’offerta a seconda delle varie posizioni geografiche. Chiarano ha molta meno disponibilità idrica di Vittorio Veneto, non si capisce perchè gli utenti di Chiarano e Vittorio Veneto debbano pagare lo stesso prezzo per l’acqua.
Ma di questo ho già parlato. Se per cortesia l’amministratore del sito mi approva il messaggio che ho scritto ieri, contiene già tutti i riferimenti a questo proposito. Grazie.
@Giane: Non vedo come quello che sostieni sia in contrasto con ciò che ho affermato, anzi! Il Cda di Ascopiave non è nominato dal mercato, che è minoritario, ma da rappresentanti statali.
Dato che sta discusion la ga ciapa’ pie ve paro vanti par la ruara drita. Privato no vol mia dir necesariamente profiti, o fini de lucro. Na non-profit, na cooperativa de citadini o similia le ga da esar considera’ dite priva’ che pol anca ver ntel statuto de no ver profiti.
comincio con Lodovico, lo so che le cooperative sono soggetti di diritto privato.
adesso Ja: le tariffe le stabiliva il comune prima che arrivassero i consorzi, erano tutte del tutto legittime con bilanci in pareggio ed elezioni ogni 5 anni. ripeto: il servizio idrico veniva finanziato con le tasse, se adesso si finanzia con le tariffe bisogna abbassare le tasse. esistono eccome in italia multinazionali che gestiscono il servizio idrico, ci hanno fatto un intera puntata di report.
sul resto, mi fermo, non riusciamo a capirci
asenza polemica
antonio
Finalmente siamo d’accordo su un punto: bisogna abbassare le tasse.
Proprio ai servizi di Report mi riferivo quando sollevavo dubbi sulla presunta privatizzazione dell’acqua, ricordavo che avevano citato il caso di Agrigento presentandolo come esempio di scempio del mercato, “dimenticandosi” di sottolineare che la società che serve Agrigento è la Girgenti, società mista pubblico-privato. Pur riconoscendogli il merito di sollevare la qustione, su questi temi spesso Report si dimostra approssimativa, non affidabile e spesso ideologizzata. Può darsi comunque che esistano società private al 100% che hanno attualmente in gestione la rete idrica e che hanno libertà nell’applicare i prezzi, mi sto documentando.
Per chi desiderasse approfondire l’argomento ci sono degli ottimi paper a proposito, dell’Istituto Bruno Leoni, ad esempio qui:
http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/Focus/IBL_Focus_148_Ceffalo.pdf
Visto che il mio commento è ancora “under moderation” e non capisco perchè sia stato filtrato (forse sono i link al blog) lo ri-pubblico qui sotto, privo dei link (eventualmente, per chi li volesse visitarli può utilizzare la casella di ricerca in alto a sx sul mio blog):
Uso il nickname che compare in automatico sulle piattaforme WordPress come questa, non per questioni di anonimato (il mio nome e cognome li trovate al link pubblicato, ad esempio, su questa pagina), ma perchè non so come Google indicizzerà il mio nome e cognome nelle sue ricerche.
Condivido buona parte di ciò che dice Claudio circa le privatizzazione dei servizi, e più o meno dicevo le stesse cose qui.
Riguardo i feedback che può avere l’elettore: sono tanto forti quanto più sono chiari gli obiettivi e la strategia per perseguirli. Questo è sicuramente un gran punto di forza di Veneto Stato. Obiettivo=indipendenza, strategia=referendum. Inequivocabile.
Se invece un elettore esprime il suo voto per un candidato che si propone come “difensore degli interessi del Nord (o del Veneto)” o paladino di virtù individuali come “l’onestà”, la “competenza” o l’”intraprendenza”, è estremamente arduo dimostrare se poi abbia raggiunto gli obiettivi o se si sia realmente impegnato per raggiungerli.
Al di là della mia critica che riguarda delle specifiche proposte che per i motivi suddetti trovo peggiori del male e basate su luoghi comuni economici, non vorrei si dimenticasse che lo stesso post l’ho definito “eccellente” e “buono” per altri aspetti.
Sono consapevole del fatto che se Veneto Stato si propone d’essere il partito unitario dell’indipendentismo veneto, è inevitabile che annoveri tra i suoi candidati l’intero spettro delle posizioni politiche possibili: dal libertarismo al socialismo.
Ciao.ho letto il tuo articolo,ma cosa possiamo fare noi venet?