Programma provincia di Treviso

Premessa:

L’ente provincia è di derivazione napoleonica. Esso aveva senso quando non c’erano le regioni. Cioè quando l’architettura amministrativa dello stato italiano era centralista e si basava sulla coppia stato-provincia (che con le Prefetture completa l’idea che della amministrazione pubblica avevano i francesi).

Tale ente doveva essere soppresso – in nome del decentramento – con l’avvento delle regioni (infatti, le competenze della provincia sono tutte doppioni di quelle regionali). Con l’avvio dell’ente regionale si cominciò a delineare una struttura amministrativa alternativa rispetto a quella napoleonica, (cominciava a farsi spazio l’idea del decentramento). Provincia e regioni sono pertanto enti alternativi: non possono coesistere, se l’obiettivo è l’efficienza dell’amministrazione pubblica.

Naturalmente, tutti hanno promesso di eliminarle, nessuno ci è riuscito.   La Lega le considerava esempio di centralismo napoleonico quando le dirigevano gli altri, da quando c’è dentro lei ha cominciato a considerarle insostituibili pilastri del federalismo.

La provincia di Treviso

è governata dall’alleanza Lega-Pdl, che non ha avuto di meglio da fare che comprare e ristrutturare una sede che nel complesso è costata quasi 100 milioni di euro (più o meno il valore di una delle ville di Berlusconi).

Cioè questi amministratori (attenti alle esigenze del territorio?) si sono costruiti la reggia, con parco regale (settanta ettari di terra),  piena di suppellettili di lusso  (Il totale della spesa per l’acquisto di arredi e attrezzature per la nuova sede provinciale è stato di 4,5 milioni di euro[1]) e di personale dedito al suo mantenimento. Il tutto non certo per aumentare l’efficienza del servizio, ma solo per rendere più confortevoli le giornate del presidente e della sua giunta.

Naturalmente, questo lusso è pagato con i soldi pubblici, cioè con le tasse dei trevigiani.

Piuttosto di sperperare i soldi pubblici in questo modo, sarebbe stato meglio tenersi la sede vecchia e assegnare contributi a fondo perduto ai comuni che hanno bisogno di costruirsi le scuole nuove.  Ad esempio, si potevano predisporre decine di contributi da un milione di euro da assegnare ai comuni con particolare necessita: Crespano del  Grappa deve rifare sia la scuola elementare che la media da ormai qualche decennio.

Oltretutto, questo impegno finanziario è assolutamente sproporzionato per un ente come la provincia di Treviso, che per farvi fronte ha dovuto tagliare sui servizi che essa dovrebbe erogare, quindi di fatto andando non a migliorare, ma a peggiorare la sua efficienza. Così adesso, la provincia di Treviso è un ente paralizzato, appena in grado di mantenere Reggia sant’Artemio.

Programma: “la provincia dei municipi”

Oggi, la provincia ha senso solo come ente , non elettivo, di coordinamento tra comuni: quindi gestito dai sindaci.

Si può, fin da subito, fare molto per avvicinarci a questo modello:

–          La giunta provinciale deve  essere costituita solo da sindaci; ad esempio, uno per mandamento e scelto dai sindaci del mandamento, per rendere effettivo il loro coinvolgimento (e per risparmiare sugli emolumenti)

–          Gli assessori devono gestire i loro referati in un’ottica di pianificazione provinciale e regionale, quindi, per quanto riguarda le scelte strategiche, in modo collegiale; e sui temi opportuni in accordo col le altre provincie. Il tutto deve essere gestito con la consapevolezza che le competenze della provincia – visto che sono doppioni di quelle regionali e/o comunali – dovrebbero essere, nel tempo, devolute alla regione o attribuite ai comuni. La “provincia dei municipi” deve funzionare solo come ente di coordinamento intercomunale e di raccordo tra  regione e comuni.

–          Una giunta provinciale composta da sindaci rappresentanti dei mandamenti potrebbe coordinare gli accorpamenti di funzioni dei comuni (in accordo con la Regione). I servizi associati rappresentano un beneficio netto per i cittadini. I comuni piccoli non possono gestire i servizi in modo efficiente perché la spesa del personale diventa troppo alta rispetto alle risorse a disposizione. Mantenere servizi di segreteria, urbanistica, lavori pubblici, e servizi sociali in comuni di 3,4000 abitanti è solo uno spreco di risorse.   Allora si dovrebbe operare così: i sindaci del mandamento nominano un city manager e un ufficio di segreteria (un paio di persone), al quale danno mandato di organizzare i servizi principali a livello intercomunale (si può cominciare nominando un responsabile per ognuno dei servizi da associare (lavori pubblici, urbanistica, servizi sociali, ragioneria), che a sua volta deve organizzare il servizio su scala mandamentale.  In questo modo, si ridurrebbe il personale necessario per gestire il servizio e si libererebbero risorse per migliorarlo.

–          La provincia ha un bilancio di più di 100000000 di euro di parte corrente. La gestione di queste risorse deve avvenire in accordo con i comuni. Quindi gli assessori devono interfacciarsi tra loro e quindi, di fatto, anche con le conferenze dei sindaci.

–          Si deve creare un coordinamento permanente tra giunta provinciale e conferenze dei sindaci

–          il personale ( 650 persone che costano 25000000 di euro all’anno) deve essere ridotto progressivamente, man mano che raggiunge l’età di quiescenza. Deve rimanere solo quello strettamente necessario a svolgere le funzioni di coordinamento. Ciò libererebbe altre risorse da mettere a disposizione dei comuni.

Questi interventi non necessitano di riforma costituzionale: basta che chi vince le elezioni si impegni a operare in questo senso.

Inoltre, la provincia deve farsi carico di altri 4 servizi:

due in proprio:

–          servizio idrico (bisogna arrivare ad avere un’unica azienda provinciale che gestisce il servizio)

–          servizio rifiuti (azienda unica provinciale anche in questo caso)

bisogna combattere contro qualsiasi forma di privatizzazione: questi servizi devono essere forniti al costo minimo e senza che l’utente sia costretto a pagare il dividendo all’azionista. La presunta inefficienza del pubblico è solo una balla: con le risorse attualmente a disposizione dei comuni nessuna società privata sarebbe stata in grado di fare meglio, anzi.

uno in proprio (con l’idea di consorziare tutte le società della regione):

–          distribuzione del gas: questo servizio è gestito da società a partecipazione pubblica (comuni) che usano  i soldi delle bollette dei cittadini per pagare gli emolumenti faraonici ai consiglieri di amministrazione (centinaia di migliaia di euro) e i dividendi degli azionisti (milioni di euro). Per la provincia di Treviso,  la società di riferimento è Ascopiave (85 dei 95 comuni sono soci della holding) che fattura 800 milioni di euro e ha un risultato operativo di 41 milioni (utile di 25 milioni – bilancio 2009). Questi soldi non dovrebbero arrivare agli azionisti e allo stato (tramite le imposte pagate sugli utili), ma agli utenti: o usandoli per erogare contributi ai meno abbienti, o riducendo il prezzo del gas fino a portare il bilancio in pareggio (a questo fine si può delistare la società). I comuni soci di asco holding non possono usare le bollette del gas per rimpinguare i propri bilanci, perché così fanno pagare una tassa occulta ai propri cittadini. Anche in questo caso, l’obiettivo dovrebbe essere quello di fornire il servizio al minimo del costo, non quello di aumentare (in modo occulto) la pressione fiscale dei propri cittadini.

e uno in coordinamento con le altre provincie e la regione:

–          trasporti,  con l’obiettivo di completare quanto prima l’sfmr[2] (Muraro ha di fatto lavorato contro il progetto sfmr per costituire la società unica di trasporti della provincia, a tal fine ha fatto perdere  4 milioni di euro alla CTM (investimenti che sarebbero arrivati dalla Actv), e poi ha alzato bandiera bianca. Quindi, niente società unica per Treviso e niente soldi per la CTM. In compenso, ha prorogato    l’incarico del direttore (Da Rolt ha raggiunto l’età pensionabile ma, in vista della fusione delle aziende di trasporti trevigiane egli ha visto prorogata la sua dirigenza fino alla nomina della nuova società;… che non arriverà mai…) e gli ha permesso[3] di comprarsi la Q5 di  circa 50000 euro; l’azienda è notoriamente e pesantemente in perdita e viene sovvenzionata dai contributi della Provincia

naturalmente, se vinceremo le elezioni, il primo provvedimento sarà quello di vendere il tavolo da 13000 euro e poi le altre lussuose suppellettili, nel frattempo metteremo in vendita anche la “reggia”.

Una volta venduta, prenderemo una sede in affitto, dal momento che, l’intento è quello di ridurre progressivamente il personale. A tempo debito, una volta messa a regime la nuova provincia, si potrà valutare l’acquisto della nuova sede (che comunque, dovrà avere le caratteristiche di un ufficio pubblico e non di una reggia borbonica).

Useremo il ricavato della vendita per assegnare contributi di edilizia scolastica ai comuni in difficoltà.

Il secondo provvedimento sarà quello di eliminare le consulenze esterne, delle quali fa sovrabbondante e discutibile uso l’attuale presidente [4] .

Questa è la provincia che vorremmo consegnare ai trevigiani fin da subito, sarà comunque la provincia che ci sarà quando il Veneto sarà indipendente.


[1] Emblematico il caso del tavolo con piano di vetro che costa 12.840 euro. Una “ sciccheria” per pochi visto il prezzo, apparsa nel bel mezzo della sala consiliare della Provincia di Treviso non appena l’ente presieduto da Leonardo Muraro si è trasferito nella nuova sede del parco Sant’Artemio. Si tratta infatti di un complemento d’arredo comprato per coprire lo spazio vuoto che separa il semicerchio dove è ospita la giunta dai banchi dei consiglieri provinciali. Circa quattro metri in cui è stato posizionato il pregiato mobile su cui, racconta chi bazzica per la sala, al massimo c’è stata appoggiata una pianta durante il Natale scorso.

[2] È diventato un caso da manuale. Perché il Veneto che era la “locomotiva” del Nordest, quanto a rotaie e trenini adesso scopre di andare ancora a vapore. Mentre un po’ più in giù, in Campania per la precisione, corrono come un Eurostar. Il paragone sarà azzardato, ma rende l’idea: l’Sfmr, cioè il Sistema ferroviario metropolitano regionale, avanza a Napoli, ma non a Venezia. “Colpa”, anche, dei finanziamenti statali: su un progetto complessivo di 9 miliardi di euro, compresa la metropolitana di Napoli che comunque incide per un 30 per cento, la Campania ha già speso 3 miliardi di euro in lavori e ne ha altri 2 e mezzo in cantiere. Solo di materiale rotabile, cioè di nuovi treni, 440 milioni. E ha messo in esercizio 54 chilometri di nuove linee ferroviarie, con altri 50 in costruzione. E ha realizzato 39 nuove stazioni ferroviarie con altre 30 in costruzione. E il Veneto? Per l’Sfmr il Veneto ha avuto dallo Stato 182 milioni di euro, già spesi, per la cosiddetta fase 1, contributo che è stato del 50% dell’ammontare richiesto. Per la fase 2 erano previsti 100 milioni, ma quei soldi sono stati dirottati all’Abruzzo post terremoto.

[3] Al di là delle frasi di rito, la Provincia e azionista di riferimento dell’azienda e quindi poteva impedire l’acquisto. Ecco cosa è successo: il consiglio d’amministrazione dell’azienda di trasporto La Marca ha deliberato l’acquisto di una bella Q5. Diventerà la ventunesima auto del parco macchine della società (della quale la Provincia è azionista di maggioranza): a usarla sarà il direttore Mario Da Rolt.

[4] Gazzettino treviso 28/10/10. Consulenze d’oro di Muraro

Tutti contro Muraro e la coorte delle sue consulenze. A far imbestialire le opposizioni è il milione di euro speso per lo sviluppo del Piano strategico. Al Sant’Artemio praticamente ogni azione fa parte di quel Piano, creato da Zaia, che ha sempre fatto discutere: per pianificare lo sviluppo della Marca, secondo i sostenitori, per gestire un sistema clientelare e gelatinoso, per i detrattori. «Il tavolo di programmazione con forze sociali e sindaci non si riunisce da tempo immemore – attacca Luca De Marco (SeL) – e fin dall’inizio il responsabile del Piano è stato Enzo Risso con la sua società Publica ReS: a lui, che è stato consulente per la campagna elettorale di Muraro nel 2006, è finita buona parte dei soldi (a quanto pare circa 400 mila euro, ndr)». Con tanto di sondaggi taroccati, denuncia SeL, fatti per il presidente ma pagati con soldi pubblici.

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