Sogno, desiderio, azione.

Ricordo che fin dai primi incontri con Veneto Stato, il mio interesse andava alla forma che avrebbe assunto il futuro Veneto liberato. La retorica, invece, dei relatori, era focalizzata su un messaggio quanto più neutro possibile, per non rischiare di precludersi le attenzioni tanto dei “sinistri”, quanto dei “destri”. Metodo apprezzabile, perché prudente e certamente produttivo per un partito in fase di crescita iniziale, che lanciava un messaggio “rivoluzionario”. E che continua ancora oggi, sostanzialmente.
Eppure, alcune riflessioni, tra l’altro su un campo totalmente diverso da quello della politica, adesso più che mai, mi portano di nuovo a riproporre quel vecchio quesito: che Veneto vogliamo?
Gli inviti ripetuti da parte della nostra presidente, a proporre e diffondere messaggi positivi, (modalità vincente per “catturare” politicamente le persone che avviciniamo) e a non soffermarci sulle innumerevoli disgrazie che affliggono il Veneto in questo momento, mi hanno spinto ad approfondire alcune intuizioni, non totalmente definite e chiare, che spero nel proseguo di riuscire ad esporvi.
Qualche tempo fa, uno specialista del campo pubblicitario con il quale ebbi modo di sviluppare un’interessante conversazione, sottolineava come uno spot, debba quanto più possibile rendere presenti al cliente, i vantaggi che lo stesso otterrebbe, una volta acquistato il prodotto.
Ebbene, al “cliente” di Veneto Stato, che si avvicina, magari nell’ambito di un incontro pubblico con i nostri relatori di spicco, risultano così evidenti i benefici dell’indipendenza, oltre alla concreta possibilità di conseguirla? Tanto da fargli fortemente desiderare quell’obbiettivo e da prodigarsi per raggiungerlo?

A me sembra che i vantaggi proposti nel nostro messaggio politico siano prevalentemente di carattere economico. Il nostro segretario, Lodovico Pizzati li spiega e li espone con abbondanza di dati e con cognizione di causa, come è naturale, data la sua preparazioni specifica. In questo momento particolare di crisi, la gente tira le orecchie, questo è certo. L’altro pezzo forte dell’architettura del nostro messaggio politico, cioè il percorso legale per l’indipendenza e le ragioni per cui esso è possibile, è pane per l’avvocato Morosin che lo propone con l’abilità retorica che tutti conosciamo. Ad Alessia Bellon, la nostra presidente, compete poi il compito, che le riesce bene, di “caricare” gli ascoltatori, diffondendo fiducia e ottimismo, determinazione e motivazione.
Tutto bene dunque? A me sembra manchi ancora qualcosa.

A farmi pensare alcune letture di tema religioso.
In particolare, un libro di un gesuita, padre Silvano Fausti, intitolato “Occasione o Tentazione” (sottotitolo: scuola pratica per discernere e decidere) nel quale, sulle orme di Ignazio da Loyola, l’autore propone, una visione molto interessante del desiderio. Ecco alcune sue frasi:
“L’uomo agisce mosso non dalla ragione – facciamo tante cose irragionevoli -, ma dall’amore. E’ spinto alla decisione dal desiderio profondo di una promessa di felicità che lo alletta. Ciò che più “sente” dentro e lo attira. La delectatio victrix, il piacere vincente (Sant’Agostino), “il canto più seducente” sbilancia ogni sua valutazione e lo porta all’azione.”
Ed il libro terzo dell’Esodo, precisamente il paragrafo intitolato “Missione di Mosè”, di cui riporto alcuni versetti:
[7]Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. [8]Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Hittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo.
Invito a leggere per intero il Cap. 3, ma in buona sostanza il succo è questo. Gli ebrei in schiavitù erano ben consci delle loro sofferenze. Ma non si ribellavano. Quando è scoccata la scintilla che li ha spinti a cercare la libertà? Quando Mosè ha fatto balenare davanti ai loro occhi il sogno, cioè la meta: il paese bello e spazioso, dove scorrono latte e miele..la terra promessa! Ovvero, per dirla con Fausti, “la promessa di felicità”!
Nel cuore il sogno, nella volontà il desiderio. Quindi l’azione.
Riesco a spiegarmi?
Ciò che forse manca nel nostro messaggio politico, a mio modestissimo parere, è la carica emozionale che ci potrebbe venire dal proporre la nostra “terra promessa”. Nell’Esodo, per quanto succintamente, essa veniva descritta. Credo sia opportuno che anche noi cominciamo ad immaginare a definire i contorni e i contenuti del nostro Veneto liberato.
Per andare dai nostri connazionali e dir loro: “sentite: noi di Veneto Stato la immagineremmo e la vorremmo così questa nostra terra, con questa architettura istituzionale, con questo sistema della giustizia, con questa sanità, con questo sistema dell’istruzione, con questa sensibilità ambientale etc etc. Vi piace il pacchetto regalo, vero? Bene, sappiate che si può ottenere con l’indipendenza. Che fate? Venite con noi o ve ne state in Egitto?

Gianfranco Favaro
Minor Consiglio di Veneto Stato

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